Limone siracusano vince la calcolosi

Firmato il protocollo di collaborazione con l’Istituto di ricerca “MARIO NEGRI” di Bergamo

Lo Studio dell’istituto di ricerca “Mario Negri” di Bergamo, teso a verificare i poteri del limone di Siracusa nella prevenzione della calcolosi di assolato di calcio, ha ricevuto il via libera.

Il predetto Istituto e il consorzio del Limone di Siracusa, infatti, hanno sottoscritta la relativa convenzione. “con il raggiungimento di tale accordo dice Fabio Moschella presidente del Consorzio a prescindere dai risultati, la realtà siracusana si imporrà all’attenzione del panorama Nazionale. Nel caso, poi, in cui si dovessero constatare le virtù benefiche del limone, il Consorzio assisterebbe a un aumento delle vendite, visto che i pazienti ne farebbero un largo uso. Basti pensare che in Italia, la calcolosi riguarda 4-5 milioni di persone. Le cure a disposizione sono scarsamente efficaci. La dieta non è in grado di prevenire da sola la formazione di nuovi Calcoli e non sempre viene seguita, scrupolosamente, dal paziente. Il Citrato di Potassio che, potenzialmente, è efficace, all’atto pratico quasi mai previene le recidive, in quanto il paziente è costretto a interrompere la terapia. Oltre a causare disturbi di una certa entità, il farmaco, che ha un elevato costo, non è rimborsato dal sistema Sanitario Nazionale”

Sono state fissate anche le modalità della collaborazione del Consorzio. “Nella fornitura di succo di limone in quantità tali da garantire il trattamento di ben 300 pazienti, per tutta la durata dello studio, che si protrarrà per circa tre anni. Come si ricorderà, l’Istuto Mario Negri, ha individuato il succo del Limone di Siracusa come possibile toccasana, per curare la calcolosi di assolato di calcio, qualche mese fà”.

La ricerca seguirà un rigido protocollo. A una metà di pazienti verrà somministrato il Citrato di Potassio, all’altra il succo del Limone di Siracusa. Tra i due “vincerà” che farà regredire la patologia. Se, durante lo studio, le analisi statistiche intermedie dovessero dimostrare la validità di un trattamento, la ricerca verrebbe interrotta anticipatamente. I risultati, quindi, potrebbero essere disponibili prima dei 3 anni.”

 

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