Le Arance Rosse sostituiscono il silicio nel fotovoltaico

Che si possa trasformare l’energia solare in energia elettrica è un fatto risaputo. È meno scontato sapere che in questo processo di conversione possono essere utilizzati pigmenti vegetali presenti nelle arance rosse, nelle more, nelle melanzane o nell’uva. È questo uno dei principali campi di ricerca dell’Istituto per i processi chimico-fisici (Ipcf) del Cnr di Messina, che ha portato allo sviluppo di dispositivi che trasformano la luce solare in energia elettrica utilizzando il principio di funzionamento della fotosintesi clorofilliana. Questi dispositivi sfruttano le proprietà fotochimiche e fotofisiche della materia, sostituendo le normali celle al silicio (impianti fotovoltaici) con vetri conduttori trasparenti, rivestiti da un sottile film di nanoparticelle e ricoperti da un colorante. Tra i coloranti l’Ipcf-Cnr ha selezionato pigmenti naturali provenienti da arance, uva, melanzane: prodotti presenti in abbondanza nel territorio, privi di tossicità, riciclabili e non inquinanti. Il rendimento energetico di questi dispositivi è del 10%, inferiore a quello delle celle al silicio (16%), ma
possiede una migliore stabilità termica ed è costante anche in condizioni critiche di illuminazione.
Ma l’attività dell’Istituto messinese, di cui è stata recentemente
inaugurata la nuova sede, non si limita a questo settore di ricerca. Le sue competenze scientifiche comprendono lo sviluppo di sensori per il monitoraggio ambientale o per l’industria agroalimentare, il controllo di particolato inquinante in acque industriali e aerosol atmosferici, tecniche interferometriche per il monitoraggio di vibrazioni e crack in strutture civili. Ricercatori sono poi impegnati nello studio di veicolanti
farmaceutici sensibili al PH e di sensibilizzanti per la terapia
fotodinamica di tumori.
Di grande interesse per il territorio siciliano sono poi le tecniche non
invasive di indagine spettroscopica (luce e neutroni) per l’analisi di
manufatti archeologici. L’Istituto del Cnr ospita, infatti, un laboratorio
per la Laser Induced Breakdown Spectroscopy, una metodologia fisica in grado di determinare gli elementi costitutivi di una sostanza, sia essa solida, liquida o gassosa. Un fascio laser ad alta energia rimuove una piccola parte di un campione (invisibile ad occhio nudo), trasformandolo, a causa dell’alta temperatura, in plasma, materia allo stato atomico ionizzato. Una volta che il plasma si espande e si raffredda consente di operare una serie di analisi e di diagnosi non invasive altrimenti impossibili. Le applicazioni di questa metodologia sono infinite e, come dimostra il caso di manufatti archeologici, interessanti anche lo stesso territorio siciliano.
Ricercatori:
Dr. Di Marco Gaetano (
dimarco@me.cnr.it)
                    e
Dr. Calogero Giuseppe (calogero@me.cnr.it).
Saluti
Carlo Boggio
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